mercoledì 17 giugno 2015

Umberto Eco e i social-imbecilli


Umberto Eco, l’apocalittico, come molti altri, pensa che i social media diano diritto di parola a milioni d'imbecilli. Forse, la sua, come di molti altri, è solo una grande paura della tecnologia elettrica che sta cambiando il nostro modo di pensare, di agire, di vivere, proprio come accadde con l'invenzione della stampa cinquecento anni fa o giù di lì. Il Professore, che giorni fa si trovava all'Università di Torino, per una laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media, ha detto:
"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità."
La premessa non detta del Nostro sarebbe quella per cui va negato il diritto di parola a milioni d'imbecilli, o confinato al bar dopo un bicchiere di vino; invece è innegabile che il diritto di parola spetti di diritto (appunto) anche a milioni di (presunti) imbecilli, così come a ognuno di noi spetta il diritto di non ascoltarli. Risulta improprio il paragone con il premio Nobel: diritto non è effetto. L'invasione dei “barbari” probabilmente è solo timore del diverso: Senza barbari, cosa sarà di noi? (Kavafis). Infine, lo scemo del villaggio è sempre stato portatore di verità: è quello che grida: Il re è nudo.
La cosa curiosa è che Umberto Eco, autore fra gli altri di Fenomenologia di Mike Bongiorno, ha venduto milioni di libri proprio grazie alla cultura di massa, la stessa cultura contro cui ora veste i panni di San Bernardo e non dell'abate Auger (Apocalittici e integrati pag.17).
Scriveva Harry Levin, citato da Mc Luhan in La Galassia Gutenberg : "La cultura basata sul libro stampato, che è prevalsa dal Rinascimento fino a poco tempo fa, ci ha lasciato in eredità - oltre alle sue smisurate ricchezze - snobismi che dovremmo imparare a mettere da parte. Dobbiamo guardare alla tradizione con occhi nuovi, considerandola non come l'accettazione inerte di un corpus fossilizzato di temi e convenzioni, ma come una prassi organica per ricreare ciò che abbiamo ricevuto e che a nostra volta trasmettiamo agli altri".
Viene il dubbio che il Professore, che tutte queste cose e infinite altre sa, abbia lanciato una provocazione perché sta lavorando al suo ennesimo saggio: Fenomenologia dei social media.
Immagine di Tullio Pericoli

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