mercoledì 15 aprile 2015

Rac-Contare


I numeri hanno il loro fascino: sono precisi, sintetici, veri (almeno sembrano), rassicuranti(premiata ditta  Polo dal 1774 ), appassionano (100 metri in 9’’58).
Non è possibile raccontare una storia senza numeri, né trovare un libro in biblioteca.
E anche  Le Mille e una notte sarebbero un’altra cosa senza quel Mille.
Raccontare è contare, fare una lista, un elenco, una statistica, una mappa, ma di cosa? Di milioni di attimi, di milioni di numeri. È contare su qualcuno informato dei fatti e su qualcuno che ascolti.
Il medico John Snow nel 1854, con l’aiuto di un sacerdote, costruì una mappa dei casi di colera verificatisi a Londra e notò che il maggior numero di decessi era avvenuto intorno alla pompa d’acqua di Broad Street nel quartiere di Soho. Da ciò dedusse che era infetta, la fece chiudere e i casi di colera diminuirono. La mappa di Snow si trova in rete e rappresenta il modello di quello che si chiama data driven journalism, ovvero il giornalismo basato sui dati, sui numeri, sulle percentuali, sulle statistiche. Ne ha parlato ieri a Venezia Mirko Lorenz dell’European Journalism Center nell’ambito dell’incontro Raccontare storie con i dati organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Veneto.
Alcuni esempi più recenti sono la mappa dei foreign fighters che da ogni parte del mondo si arruolano in Siria pubblicata dal Washington Post; la mappa The Migrant Files diffusa da Le Monde Diplomatique e realizzata attraverso i due più grandi data base delle vittime delle immigrazioni verso l’Europa negli ultimi 14 anni, dal 2000 al 2013; l’articolo di Andrew W. Lehren sul New York Times riguardante gli atleti squalificati alla Maratona di New York, accompagnato dall’infografica  che mostra i punti dove i corridori si allontano dal tracciato o rientrano nella corsa dopo una scorciatoia;  l’articolo del New York Times che mette a confronto in un'animazione 3D  i campioni olimpici dei cento metri dal 1896 al 2012.
Per Lorenz l’epoca del giornalismo ad effetto, quello dei titoli gridati per suscitare l’attenzione del lettore sta tramontando, crescerebbe invece il data driven journalism: un giornalismo che suscita fiducia. Attraverso l’affidabilità dei numeri aiuta il lettore nelle decisioni della vita di ogni giorno (elezioni, politica, scuola, economia, salute), nella comprensione di problemi complessi e nell’approfondimento di quelli legati al territorio in cui abita. Diversi gli strumenti in rete per costruire grafici basati sui dati, come Datawrapper https://datawrapper.de/, e le pubblicazioni, come Pocket World in Figures, ed. The Economist, Guide to information graphics, ed. The Wall Street Journal, Envisioning Information di Edward R. Tufte.
Forse ha ragione Lorenz, il giornalismo diverrà statistico, visuale, matematico,  con tutta una serie di conseguenze in termini di scrittura (googleggiata), struttura (predefinita), racconto (visuale), scelta delle parole (keyword). In somma un tecnodriven journalism.
Small data (da verificare ndr) per l'infografica: spettatori 127, di cui 19 hanno fatto domande, 84 hanno partecipato al workshop, 8 hanno abbandonato l'incontro; 92 i laureati, 111 i precari; durata incontro  228 min, talk Mirko Lorenz 106 min, traduzioni sintetiche 43 min, domande del pubblico e workshop 79 min; parole di M.L. su case history ddj 113221, su strumenti del ddj 19.422, parole del pubblico 17.473.
Immagine: mappa dei foreign fighters, Washington Post

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