venerdì 31 gennaio 2014

9 tweet per raccontare una storia


Il soggetto
Il difficile è il soggetto, cercatelo.
Incipit
Chi ben comincia è a metà dell’opera.
Promessa
Di compiere una certa impresa o di raccontare come andrà a finire.
Attesa
Come una miccia che si accende e che esploderà più tardi.
Conflitto/Personaggi
Quali sono le forze che si contendono il campo?
Colpo di scena
Succede qualcosa che cambia tutto.
Ritmo
Anche nelle barzellette è una questione di tempi.
Valori
Non c’è storia che non insegni qualcosa.
Conclusione/moltiplicazione
La conclusione non esclude mai un nuovo inizio.
(L'opera ritratta nella foto è di Peter Fischli e David Weiss)

domenica 19 gennaio 2014

Creativi, non cretini


L’altra sera a cena un amico regista mi chiedeva: “L’hai vista la campagna #coglioneNo sui lavori creativi? Troppo forte!”
Il mio amico ha cinquant’anni, non è un giovane freelance, ma si è riconosciuto nei tre spot realizzati da Zero, una casa di produzione di Roma. Nella sezione about del sito, Stefano De Marco, Niccolò Falsetti e Alessandro Grespan scrivono: “Zero perché il mondo è finito e non ce ne siamo accorti. Perché è finita la nostra fiducia nei confronti di qualsiasi istituzione, di qualsiasi forma di rappresentazione, di qualsiasi senso che voglia dirsi unico, atavico, assoluto, definitivo. Zero perché i soldi sono finiti. Da un pezzo. E noi di soldi nostri non ne abbiamo mai avuti. Zero perché quando sono cadute le maschere delle mille opportunità che doveva darci il terzo millennio, ci siamo ritrovati senza scelta. Spalle al muro (...).”
I tre spot intitolati  Lo diresti al tuo giardiniere, Lo diresti al tuo idraulico, Lo diresti al tuo antennista, completati dall’hashtag #coglioneNo, raccontano tre storie analoghe: tre interventi professionali che non vengono pagati perché “non c’è budget”.
Il giovane artigiano, alter ego del giovane creativo, riceve promesse di visibilità e di riconoscimento, ma zero soldi, appunto.
Lascio a margine alcune riflessioni. Non mi convince l’uso di termini volgari, sia nei dialoghi che nell’hashtag: rappresentano una facile scorciatoia. Più ironico e leggero sullo stesso tema, per esempio,  Pane e curriculum di Silvia  Bencivelli, Natalino Russo, Chiara Tarfano, Gnoma production. Nel video una coppia di giornalisti freelance a pranzo mangia promozione e soddisfazione, stima e divertimento. Molto interessanti la scelta dei sottotitoli e la musica.
Né sarei così sicuro della migliore condizione del coetaneo che ha scelto di fare l’artigiano, il quale non subirebbe richieste di lavoro gratuito o sottopagato.
Per inciso, il mancato riconoscimento dei lavori creativi in Italia non è una questione anagrafica, inviti a lavorare per la gloria arrivano anche quando hai superato il mezzo secolo: per un’associazione culturale, per un’azienda in difficoltà, per un ente che più di così non può pagare, per la presentazione di un libro, perché zero budget, appunto.
Libererei anche il campo dai falsi miti alla Zuckerberg, che hanno rintronato numerosi giovani che lavorano gratis per anni nel miraggio di ottenere il giorno del chissaquando revenue miliardarie.
E non dimenticherei le agguerrite falangi del lavorogratis pur di accaparrarsi uno straccio di cliente (e qui un altro spot ci sta). Eviterei, infine, di puntare il dito contro chi per il sito, la foto, il testo, si arrangia: ognuno il rubinetto, l’antenna, la siepe, è libero di sistemarseli a proprio rischio e pericolo. A volte il fai da te dà soddisfazioni, ed è a zero budget, appunto.
Abbandonate le perplessità, COMPLIMENTI! Per l’idea, i testi, le riprese, il montaggio, l’interpretazione! Oggi, in Italia, un giovane bravo e capace è sottopagato sia che faccia l’idraulico, il ricercatore all’università, il barista, il medico, il creativo, il giornalista. Purtroppo la classe politica di questo paese non ha costruito il futuro sui giovani ma lo ha distrutto con la corruzione, le mafie, le sinecure.
Ci si trova quindi, a diverse età, ognuno nel proprio campo, ad incontrare porte chiuse e piccole o grandi prevaricazioni da parte di chi la sedia non la molla. Se gli spot sui lavori creativi di Zero e Gnoma serviranno a cambiare anche di un soffio certi atteggiamenti avranno raggiunto il loro scopo. Se spingeranno a crederci di più non saranno stati inutili. Se porteranno a nuove relazioni, pensieri, lavori, idee, progetti, sarà chiaro, una volta di più, che i giovani non hanno zero da dire, appunto.
P.s. Anche questo articolo è stato scritto a zero budget, appunto. 
(La foto è tratta dal video Lo diresti al tuo antennista)

sabato 11 gennaio 2014

In posta, armato


Alle 18 entro alle poste di Conegliano. Sono armato. Nella borsa le Lezioni Americane di Calvino. 
La macchinetta gialla mi assegna il numero P 340, sui display P323 e P329. Dietro il bancone due addetti alla P, due sui trent’anni e mezzo che si muovono e parlano con la giusta, esasperante, kafkiana lentezza. Si alzano spesso, fanno una battuta con il collega, salutano un conoscente che passa di lì, si recano nel retro dell’ufficio, forniscono informazioni superflue, si chiedon l’un altro i francobolli che, a quanto pare, mancano, in posta!
Attento a non commettere l’errore di

lunedì 6 gennaio 2014

Genova, il gioco è perdersi




Una città che si scopre come le carte da gioco, un palazzo dietro l’altro, scalinate di condomini liberty, fascisti, vetrati, curvilinei, modulari, ondosi, stretti, vicini come persone nelle foto di gruppo; strade che t’ingannano e all’improvviso costeggiano il vuoto, o cavalcano ponti, piazze che sorprendono dopo un carrugio che in due non si passa. Una magia che s’interrompe al porto vecchio con l’insensata frustata della tangenziale sui palazzi del lungomare. Chi sono gli stupidi che l’hanno pensata e realizzata? Genova verticale, labirintica, sovrapposta, irregolare, come le onde del mare. Genova città d’improvvisi, di respiri sospesi, di quinte segrete. Genova nelle chiacchiere di occasionali compagni di viaggio, un architetto diretto a Marsiglia, una studentessa che dice di conoscere mezza Milano, una segretaria di Lodi che ama Cuba e la bachata. Genova per salpare verso un nuovo anno, un mare sconosciuto di attimi e incontri.