venerdì 25 marzo 2011

Le Odissee

Quante Odissee contiene l'Odissea? All'inizio del poema, la Telemachia è la ricerca di un racconto che non c'è, quel racconto che sarà l'Odissea. Il cantore Femio alla reggia d'Itaca sa già i nostoi degli altri eroi; gliene manca solo uno, quello del suo re; per questo Penelope non vuole più sentirlo cantare. E Telemaco parte alla ricerca di questo racconto presso i veterani della guerra di Troia: se trova il racconto, finisca esso bene o male, Itaca uscirà dall'informe situazione senza tempo e senza legge in cui si trova da tanti anni. Come tutti i veterani, anche Nestore e Menelao hanno molto da raccontare; ma non il racconto che Telemaco cerca. Finché Menelao non se ne vien fuori con una fantastica avventura: camuffatosi da foca, egli catturò il "vecchio del mare", cioè Proteo dalle infinite metamorfosi, e lo costrinse a raccontargli il passato e il futuro. Proteo certo conosceva già tutta l'Odissea per filo e per segno: comincia a raccontare le vicende d'Ulisse dallo stesso punto in cui attacca Omero, con l'eroe nell'isola di Calipso; poi s'interrompe. A quel punto Omero può dargli il cambio e seguitare il racconto. Giunto alla corte dei Feaci, Ulisse ascolta un aedo cieco come Omero che canta le vicende d'Ulisse; l'eroe scoppia in lacrime; poi si decide a raccontare a sua volta. In questo suo racconto, egli giunge fino all'Ade a interrogare Tiresia e Tiresia gli racconta il seguito del suo racconto. Poi Ulisse incontra le Sirene che cantano; che cosa cantano? ancora l'Odissea, forse uguale a quella che stiamo leggendo, forse diversissima. Questo ritorno-racconto è qualcosa che c'è già prima di essere compiuto: preesiste alla propria attuazione. Già nella Telemachia, incontriamo le espressioni "pensare il ritorno", "dire il ritorno" Zeus non "pensava al ritorno" degli Atridi; Menelao chiede alla figlia di Proteo che gli dica 2il ritorno" ed essa gli spiega come obbligare il padre a dirlo per cui l'Atride può catturare Proteo e chiedergli: "Dimmi il ritorno, come andrò sul mare pescoso".
Italo Calvino, 21 ottobre 1981

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