martedì 31 agosto 2010

lunedì 30 agosto 2010

Sullo scrivere

1
"Il difficile era il soggetto. Lo cercavano pranzando, e bevevano caffè, liquore indispensabile al cervello, poi due o tre bicchierini. Più tardi, dopo aver dormito, scendevano a passeggiare nel frutteto; e non trovando neppure qui l'ispirazione, battevano la campagna a fianco a fianco e rientravano sfiniti. Oppure, si rinchiudevano a doppia mandata, Bouvard sgombrava il tavolo, si metteva davanti un foglio di carta, intingeva la penna e rimaneva con gli occhi al soffitto, mentre Pécuchet, in poltrona, le gambe distese, meditava a capo chino. Talora avvertivano un brivido, la ventata di un'idea; al momento di afferrarla, si dileguava. Ma esistono metodi per scoprire soggetti. Si prende un titolo, a caso, e ne scaturisce un fatto; si sviluppa un proverbio, si combinano insieme alcune avventure. Nessuno di questi artifici riuscì. Scartabellarono invano raccolte di aneddoti, parecchi volumi di cause celebri, una pletora di storie. E vagheggiavano di essere rappresentati all'Odéon, pensavano a agli spettacoli. rimpiangevano Parigi.
"Ero nato per fare lo scrittore, e non per seppellirmi in campagna!", diceva Bouvard.
"Anch'io" rispondeva Pécuchet.
Fu illuminato da un'ispirazione: se incontravano tante difficoltà, dipendeva dalla mancanza di regole. Le studiarono ne La Pratique du Théatre di d'Aubignac, e in qualche opera meno antiquata. Vi si discutono problemi importanti: se la commedia possa venire scritta in versi. se la tragedia non ecceda i limiti ispirandosi alla storia moderna, se i protagonisti debbano essere virtuosi, che genere di furfanti comporti, fino a che punto siano permessi gli orrori. Che i particolari concorrano a un unico effetto, che l'interesse sia crescente, che la fine sia in armonia con l'inizio!
Inventate intrecci che avvincano la mia attenzione dice Boileau. Ma come fare a inventarli? Che in tutti i vostri dialoghi l'ardor delle passioni vada dritto al cuore, lo riscaldi e lo emozioni. Come scaldare il cuore? Insomma le regole non bastano. Ci vuole, in più, il genio."
Da Bouvard e Pécuchet di Gustave Flaubert
2
"Erica aveva pubblicato quattro libri, ma erano tutte biografie su altrettante importanti scrittrici. Non era ancora riuscita a chiamare a raccolta il coraggio necessario per creare una storia tutta sua , eppure sapeva che dentro di lei c'erano dei libri che aspettavano di essere scritti. Forse questo spunto avrebbe potuto fornirle l'estro e l'ispirazione di cui aveva bisogno.Il fatto che conoscesse Alex dall'infanzia avrebbe solo rappresentato un vantaggio.La sua coscienza si rivoltò a quell'idea, ma la scrittrice che albergava in lei esultò."
Da La principessa di ghiaccio di Camilla Läckberg
3
"Perché tanti scrittori tutti insieme? Perché tanti autori di romanzi che nella propria vita (ma anche no) si sono dedicati a tutt'altro che alle lettere? Perché, mi sembra, il romanzo da molto tempo ha esaurito il suo ciclo vitale, come la sua stessa inflazione attesta. Non c'è più come arte. Ne è rimasto il fantasma del prestigio sociale. Ma quando tutti avranno scritto la propria memoria o (più affascinante) il proprio romanzo, quando tutti saranno stati promossi, toccati da quel prestigio, che ne sarà del prestigio?"
Franco Cordelli, Corriere della Sera del 30-8-2010
4
Si può essere scrittori in molti modi. Vargas Llosa ha recensito Suite francese di Irène Némirovsky che racconta la vita nella Francia rurale e contadina occupata dalle truppe tedesche. Il manoscritto fu scoperto dalle figlie nella valigia che portavano sempre con sé dopo che la madre fu deportata perché ebrea. Per diverso tempo non ebbero il coraggio di leggere quei taccuini che erano scritti in caratteri minuti per non consumare inutilmente la carta e senza una correzione.
Diversi scrittori dopo aver pubblicato con Mondadori (delle cui vicissitudini giudiziarie erano consapevoli) quest'estate si sono posti il problema se fosse etico scrivere per quella casa editrice. Ma l'etica prima di essere invocata -probabilmente ad usum delphini - va definita. Si potrebbe inoltre porre la seguente domanda: è etico che le opere d'arte abbiano un prezzo, siano equivalenti alle merci?
Asne Seierstad, autrice del romanzo Il libraio di Kabul è stata condannata per violazione della privacy. Shah Muhammad Rais, il libraio che aveva ospitato la giornalista norvegese, l'ha denunciata per aver diffuso notizie false e confidenze intime "inventate" o "rubate" durante i mesi in cui è stata ospite della sua famiglia.
5
"Tutto quello che occorre all'autore, in ciò che andrà scrivendo, è il gusto di rappresentare le cose; più questo sarà perfetto, e migliore risulterà ciò che ha scritto.
Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia

lunedì 9 agosto 2010

Cosa è?

Si dice spesso che quando i filosofi iniziano un corso di filosofia iniziano con la domanda: Cosa è? La questione dell’essere è la domanda fondante della filosofia. Dicono che tutto è cominciato in Grecia quando i filosofi si chiesero “ti esti” cosa è questo? Qual è il senso di questo o quello e cosa vuol dire la parola essere? Ma la domanda sulla domanda - non l’ho inventata essa viene dalle mie letture - si può dividere in due parti: la forma domandante – come indicato da Heidegger - è la forma privilegiata della filosofia? Pensare significa veramente porre domande? Non ci potrebbe essere, prima della domanda, un movimento di pensiero più radicale, più antico, più profondo, che non chiede ma afferma? Questa è la prima domanda sulla domanda. Inoltre, anche ammettendo che la prima domanda della filosofia riguardi l’Essere, non c’è qualcosa di presupposto nel modo in cui intendiamo l’Essere? Heidegger era sospettoso rispetto ai filosofi greci che privilegiavano il participio presente dell’essere, la presenza dell’essere...Non appena uno sospetta di questa presenza del presente, si chiede se non ci siano delle serie conseguenze derivanti da questo desiderio di interpretare l’Essere come presenza? Questa è la domanda che Heidegger ha posto alla sua maniera e che io ho provato a reinscrivere, a ricontestualizzare in un differente terreno o corpus, in testi che Heidegger non ha interrogato. Tutto quello che ho scritto sulla traccia nella scrittura è proprio la condizione non presente della presenza. Per avere accesso all’Essere come presenza è necessaria l’esperienza di quella che io chiamo traccia. Il rapporto con qualcos’altro, con l’Altro. Con l’altro nel passato, con l’altro nel futuro, con l’Altro in generale. Ma questo “con l’altro” non appare come il presente della presenza. La traccia, nel modo in cui l’ho elaborata, mette in dubbio sia la forma domandante del pensiero sia l’autorità della presenza del presente. Ho gran rispetto per la domanda, non sono contrario ad essa, perché è la condizione della critica e della decopstruzione. Ma cerco di capire cosa viene prima della domanda, qual è la condizione della domanda stessa. Per porre una domanda devi rivolgerti a qualcuno. Anche le domande innocenti presuppongono un’affermazione precedente. Io mi rivolgo a qualcun altro dicendo che è meglio che parliamo piuttosto che non parliamo, che è meglio rapportarsi all’altro piuttosto che non farlo, e dunque affermo una specie di sì “anteriore”, anteriore tra virgolette perché non è una questione di tempo, ma piuttosto qualcosa che precede la domanda nell’ordine dei pensieri. Una volta che la domanda è interrogata in questo modo, si pone la questione del presente collegata al mio lavoro sulla traccia, sulla scrittura; non solo della scrittura che uno fa sulla carta o sul computer, in ogni cosa c’è traccia, in tutto c’è l’esperienza di un rinvio a qualcosa d’altro, di un rinvio all’Altro, all’Essere altro nel presente, passato, futuro, a una differente temporalità più vecchia del passato e oltre il futuro. Io cerco di pensare a un passato o a un avvenire che non siano un presente modificato, cioè né un futuro presente o un passato presente, ma che siano una esperienza differente riguardo al passato o al futuro, un’esperienza che può farsi spazio solo attraverso il rapporto con l’Altro, con gli Altri.
(Liberamente da un’intervista a Jacques Derrida)

Architettura

“Sono convinto che un’architettura umanistica dovrebbe cercare le condizioni per favorire l’incontro casuale e disinteressato che contiene in sé allo stato potenziale, l’amicizia, la passione, l’amore.”
Paolo Portoghesi

martedì 3 agosto 2010

Sognatori

Preferisco essere un sognatore fra i più umili, immaginando quel che avverrà, piuttosto che essere signore fra coloro che non hanno sogni e desideri.
Kahlil Gibran